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Occorre separare umanesimo e metafisica della soggettività. Nella famosa Lettera Heidegger non intende la domanda sull’umanesimo come etica e politica, ossia pratica.
- La techne è pensata da Heidegger come un modo della physis, come un porre-qui l’ente. Il controllo strumentale del mondo, la metafisica della soggettività, è quindi un’epoca storica inviata da questa origine essenziale.
- Pur conoscendo la distinzione aristotelica fra techne e praxis Heidegger costruisce la sua Seinsgeschichte sul rapporto tecnico al mondo anziché sul rapporto pratico. Il fare umano che corrisponde al manifestarsi-nascondersi dell’essere è la produzione di oggetti e non l’agire.
- Se la techne apre la metafisica della soggettività, se essa esaurisce la sfera del fare, la domanda sull’umanesimo rientra in questa metafisica e nella potenza da cui deriva. La domanda si fa quindi ontologica. Ma essa ha preso questi connotati per via del falso piano costruito sull’elisione della prassi.
- In questo falso piano la techne diventa il presupposto trascendentale della storia e non è mai colta nel suo divenire concreto, che è gettato subito nella discarica di ciò che è meramente ontico.
- Coprire la storia della tecnica con la presunta essenza della tecnica significa coprire la sua intersezione con il capitalismo.
- Heidegger sostiene che la caratteristica della tecnica contemporanea è la logica del fondo, dell’accumulo di energia da sfruttare. Ma nient’altro poteva suscitare questa potenza se non il capitalismo nella sua formula fondamentale (D-M-D’). È la virtuale infinità di questo processo che richiede l’accumulo di energia da utilizzare produttivamente. Il fondo non è un’essenza che si mostra alla fine, ma un portato storico del capitalismo.
- Se si guarda alla storia della techne, finalmente liberata dall’essenzialismo, si vedrà che il capitalismo per via della sua logica D-M-D’ esige la Macchina, come produzione seriale di oggetti, ossia come dispositivo che minimizza il lavoro necessario e facilita l’estrazione di plusvalore relativo. Questa trasformazione dello strumento in Macchina è il risultato principale della rivoluzione industriale.
- La Macchina non è soltanto fabbricazione in serie di oggetti, ma anche appetito di energia soggettiva nella produzione e nel consumo. Essa non è una cosa, ma un insieme di rapporti sociali.
- Nel capitalismo contemporaneo emerge l’aspetto del consumo: il capitalismo realizza l’ibridazione fra desiderio e sistema sociale dei bisogni, ossia l’uso del primo in funzione del secondo.
- Generando forme di vita codificata e direzionata al consumo secondo standard precisi, il capitalismo inaridisce la prassi, come capacità di azione in cui si costruisce la singolarità dell’agente eccedente ogni standard.
- L’imperativo dell’autovalorizzazione infinita del capitale richiede logicamente la produzione di soggetti, ciò che si è dato nella società dei consumi e nelle sue pratiche soggettivanti. Esso e non la razionalizzazione tecnica del mondo presa astrattamente è responsabile della distruzione dei valori umanisti che furono ereditati dalla borghesia europea. Assistiamo ora alla dissoluzione di un canone
- Soggettivazione è l’anello ricorsivo fra l’esser-soggettivato e il soggettivarsi, la complementarità fra processo attraverso cui la vita soggettiva è prodotta e il processo attraverso cui essa produce se stessa come singolarità in condizioni date storicamente. Esiste dunque una soggettivazione tardo capitalistica, intesa come insieme di forme standardizzate in cui la vita soggettiva è generata, ma al tempo stesso resiste e si determina in un esistere altrimenti.
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Se la domanda sull’umanesimo è pratica non ontologica, se chiama in causa, prima ancora che la tecnica come essenza, la sua intersezione storica col capitalismo, essa suona così: quali spazi di soggettivazione, individuale e collettiva, sono possibili nell’attuale configurazione del capitalismo?