Marco Basile | Capital Life. Una postilla orfana

  1. Il bios del capitale
 
Il capitale, liberatosi dei veli che nella sua storia gli hanno imposto i miti sociali, capitalismo compreso[1], si erge alla sua nuda vita: informazione. Le attuali high frequency trading rivelano la forma di vita del capitale: flussi di dati, informazioni sondate, raccolte, elaborate, selezionate che si muovono libere da una piattaforma di mercato ad un’altra.
L’ordine di produzione, completamente assente in tali transazioni, assume finalmente il suo reale statuto di forma di codifica sociale della riproduzione dello sviluppo vitale del capitale stesso. Non i mezzi di produzione, non i mezzi di pagamento sono capitale, ma i flussi di informazione, la cui circolazione generale ha solo come funzione di livello 1 quella di sottrazione e ricombinazione dei mezzi di produzione-beni; altrettanto il flusso di capitale non è mezzo di scambio, funzione di livello 2. Tale tipologia di mezzo, infatti, è ammissibile anche in un’economia senza sviluppo, quindi senza capitale.
La formulazione di potere d’acquisto ci indica la strada: potere di disposizione, di cosa? Del tempo. Si ha a che fare con il differimento, la sospensione del tempo[2]. Il capitale vive come forma di vita non soggetta alla cristallizzazione temporale, flusso di informazione la cui caduta nel registro dei significati risulta essere soltanto la sua pantomima. Come flusso di corrente l’informazionecapitale ha bisogno costitutivamente non di significati, bensì di nodi di circuito che alimentino la sua rigenerazione.
Condizione generativa del capitale è l’individuazione: vettore, segmento orientato dell’articolazione tridimensionale in destinatario, destinatore e referente dell’informazionecapitale. La connessione tra le tre dimensioni è l’oggetto transindividuale: la rete.
Consustanziale all’individuazione essa alloca l’informazionecapitale sia in uno schema di relazione di appartenenza ad un gruppo  - rete comunitaria[3] - che in uno schema di relazione di condivisioni multiple - rete sociale. Da qui il capitale comunitario di solidarietà e il capitale sociale di competitività[4].
Membro di un gruppo e, insieme, soggetto sociale, l’individuo è il punto di precipitazione e, inversamente, di irraggiamento dei due termini di rete, esso è il canale dell’informazione.
L’individuo è l’oikos di vita del capitale.
 
 
  1. Produzione e riproduzione
 
La produzione non è che una modalità del processo di riproduzione, riattivazione perpetua dell’iscrizione nel circuito deflattivo-inflattivo dell’informazionecapitale. Essa ha rappresentato la dinamica sociale su cui si è innestato il moto di riproduzione del capitale; allo stato attuale essa si è rivelata la più performante grazie al lavoro che è stato assunto come funtore universale, il forgetful functor della circolazione dell’informazionecapitale.
Esso permette l’annodarsi anestetico del capitale di solidarietà con il capitale di competitività. L’informazionecapitale Client per realizzare la sua operazione di transizione-iscrizione dovrebbe adottare delle permutazioni di codice, una distinta per ogni insieme sociale con cui deve connettersi. In questa propettiva il lavoro si è rivelato il funtore universale di tale annodamento, l’interfaccia più semplice che permette l’accesso come facade unica a insiemi molto complessi e molto diversi tra loro che, spesso, presentano blocchi di codice al passaggio dall’uno all’altro. Attraverso il funtore lavoro essi si assoggettano al codice Client dell’informazione-capitale e, quindi, divengono client1, client2, client3 ecc..
Oltre a tale caratteristica il lavoro-produzione ne presenta però anche un’altra, non meno decisiva per l’implementazione del flusso dell’informazione-capitale. Esso permette di nascondere l’incidenza dei tratti di innesto e modificazione violenta dell’operazione. Infatti l’annodamento di un insieme-gruppo sociale con la Classe informazionecapitale, l’iscrizione quindi nel processo, da quel momento in poi deflattivo-inflattivo del capitale, avviene attraverso una trasformazione “inconscia”; il forgetful functor fa “dimenticare” all’insieme-gruppo sociale di avere una struttura di codice, non permutante direttamente con il codice dell’informazione.
 
 
  1. Aerostatica del capitale
 
L’ambiente di vita del capitale, l’individuo, soggiace alla predestinazione di uno spazio interattivo; in questo modo l’informazionecapitale levita per sostentazione statica in virtù dell’interattività dell’individuo. Ruolo chiave è rappresentato dall’imperativo all’interattività; qui si svela la sembianza teologica dell’informazionecapitale, la sua presenza come sembiante di un soggetto supposto potere che è veicolato dall’attività dell’individuo e che assolve alla funzione dell’Altro passivo, l’Altro che gode dell’attività dell’individuo.
Tale godimento, dunque, non va pensato come quello del Signore hegeliano che gode non dell’operare ma del riconoscimento del Servo,  una forma di godimento questa che sussiste fino a quando l’incantesimo non viene rotto dall’appropriazione del lavoro da parte della coscienza servile. Il godimento del Signore in Hegel risulta attivo nella misura, e fino a quando, vive della passività del riconoscimento del Servo.
L’informazionecapitale, invece, è accostabile al Grande Occhio di Sauron che gode passivamente dell’interattività di tutti gli individui. La compulsione ad agire, l’operare affannoso alimenta il potere di Sauron; il potere di disposizione negli individui determina il riconoscimento di Sauron, non il contrario. È il lavoro stesso qui che accresce la brama di Sauron; la fissità del suo sguardo è quella del soggetto supposto potere a cui teleologicamente sono dediti tutti coloro che interagiscono. È significativo notare come all’interno della Middle-earth l’unico popolo refrattario all’attrazione di Sauron è quello non soggetto al potere di disposizione del tempo: il popolo degli Hobbit; essi, all’interno della Shire non sono soggetti alla condizione di individuus, non vivono in una dimensione di coazione ma si concedono prevalentemente alla dimensione della festa, forma eminente di Gelassenheit della temporalità.
 
 
  1. Gravitazione del capitale
 
Ogni aerostatica presuppone un campo di gravitazione. L’informazionecapitale sosta nell’orbita della ritenzione e del differimento del godimento del tempo presente; è ciò che in psicoanalisi è stato chiamato desiderio e in economia credito.
Un fenomeno costitutivo della biologia dell’informazionecapitale è rappresentato dal credito. In una forma di vita non capitalistica l’informazione non sussiste, essa si risolve completamente nelle consistenze dei beni fruiti. Nel flusso circolare di beni non vi è spazio per alcuna sospensione o differimento d’informazione; una tale forma di vita risulta geneticamente adattata, specializzata territorialmente.
La forma di vita capitalistica è, al contrario, deterritorializzata, disadattata alla specializzazione, necessitata di un continuo sviluppo. L’informazione-capitale è mutante, proteiforme, sempre bisognosa di inventare, di darsi nuovi circuiti.
Ecco sorgere il fenomeno del credito: la leva di una sottrazione di beni fruiti, la sospensione di un godimento immediato al fine della creazione di un potere di disposizione di cui si alimenta l’informazionecapitale. La creazione del potere in questione è correlata intrinsecamente a un differimento del soddisfacimento; da qui il carattere di rinuncia che il credito si porta con sé, l’attribuzione di un’impossibilità del godimento[5].
È quanto mai evidente, quindi, il disallineamento della vita del capitale rispetto a un sistema di gravitazione come quello dello scambio. In quest’ultimo non si dà sviluppo e ciò esclude all’origine l’informazionecapitale che per sua natura non può circolare in una catena di rapporti bidirezionali e di reciprocità; nessuna dialettica per il capitale, ma solo sviluppo. Ci troviamo di fronte con il credito all’anticipazione costitutiva di una domanda con relativa sottrazione di beni in vista di una nuova combinazione di circuiti (dinamici) di riproduzione.
Ecco allora come nella forma di vita capitalistica l’individuo interviene come cortocircuito tra domanda e offerta, il connettore che chiude la circuitazione (statica) tra i due componenti; offerta e domanda nell’individuo non si attendono più reciprocamente come in un sistema non capitalistico. L’informazionecapitale svela la sua dimensione inconscia: quel che l’individuo domanda non è offerto e quel che offre non è domandato, da cui la coazione a ripetersi dell’individuazione dell’informazione-capitale a livello conscio.
Il desiderio costituisce così il campo gravitazionale dello sviluppo dell’informazionecapitale; esso è, nello stesso tempo, la compressione di una Gelassenheit al godimento e l’espansione di un potere di disposizione, deterritorializzato.
Lo spazio in questione aperto dal desiderio-credito rende possibile il respiro dell’informazione-capitale, il ritmo vitale di inflazione e deflazione della domanda e dell’offerta: dall’originaria cambiale alle recenti forme di crowdfunding come le piattaforme di prestito P2P, o social lending, il credito rimane la leva dell’informazionecapitale su cui si innesta il desiderio dell’individuo per generare sempre nuove correnti di sviluppo.
 
 
  1. Capitale e sviluppo
 
Il capitale genera di per sé sviluppo, in quanto a differenza dei beni di produzione non è un bene economico. Esso è di fatto disponibile come informazione, forma di vita transindividuale, in quantità potenzialmente illimitata; infatti il potere di disposizione del tempo essendo una virtualità metatemporale non è soggetto alla dialettica economica, tra risorsa finita e soddisfacimento infinito, propria del bene di produzione. Tale dialettica di produzione è essenzialmente temporale.
Inoltre il capitale, a differenza di un bene economico, non è appropriabile; è l’informazione-capitale che si appropria dell’individuo come suo bios, non il contrario. L’individuo si appropria dei beni di durata temporale finita, di beni scaturiti dalla produzione e, facendo ciò, alimenta la rete transindividuale attraverso cui si muove l’informazione-capitale.
La dinamica di questa appropriazione spiega la destinazione di sviluppo del capitale rispetto ad altre forme di vita.
Tale dinamica rispetta una sorta di calcolo felicifico che, però, a differenza di quello di Bentham, esclude la «confrontabilità interpersonale delle utilità», quindi non segue il principio benthamiano della «massima felicità per il massimo numero di persone». La natura stessa di individuo, che sorge con la forma di vita del capitale, lo rende impossibile. Una tale prospettiva riscontrabile nelle strutture mitico-ideologiche del capitalismo come del socialismo non appartiene al capitale.
L’individuo, soggetto del capitale, agisce piuttosto secondo una massimizzazione potenzialmente illimitata della propria utilità, tende alla concentrazione massima della virtualità dell’informazione, del potere di disposizione del tempo[6]; questo, ricordiamolo, è essenziale per il capitale perché ne rappresenta il suo campo di gravitazione.
L’informazionecapitale costituisce, in questo senso, il margine di inappropriabilità di ogni utilità scaturente dalla dinamica di consumo di un bene; in ogni appropriazione che determini un consumo di un bene si giungerà a un “punto” limite, ad una soglia margine, oltre la quale l’individuo non sarà più disposto ad appropriarsi di quel bene per rinunciare ad altri. Al progressivo aumentare del consumo di un dato bene decresce, corrispondentemente, la sua utilità marginale.
La soglia margine è così l’incidenza dell’informazionecapitale, la sua “presenza” come disutilità inappropriabile, necessaria al movimento di appropriazione-massimizzazione dell’utilità individuale.
L’agente del capitale che interviene a potenziare la tendenza massimizzante dell’appropriazione individuale è il credito che, proprio attraverso un differimento del consumo presente, accresce e libera il puro potere di disposizione del tempo, rivelando, al contempo, la natura operativa e funzionale della dinamica di appropriazione dei beni.
Lo sviluppo consiste, dunque, nel processo di trasvalutazione del capitale, in atto fin dal momento della sua nascita storica, nei confronti delle forme sociali adattative che esso ha assunto come beni appropriabili (beni di produzione, beni di consumo, beni di investimento ecc.). Tale tendenza è, manifestamente, la legge dell’evoluzione della forma di vita del capitale.
 
 
  1. Capitale e nomos
 
L’attuale stato di sviluppo dell’informazione-capitale porta in luce una criticità dirompente per il sistema capitalistico: l’intrinseca anomicità del capitale. Il codice di quest’ultimo, come detto precedentemente, si innesta sui codici degli insiemi sociali sciogliendo anesteticamente i blocchi rappresentati dalle norme.
La convinzione dominante presso i sostenitori del capitalismo, in quanto teorici cripto-metafisici, propugnatori di una ermeneutica mitico-teleologica dell’informazionecapitale, è che esista un nomos intrinseco del capitale.
In questo senso essi pongono come piano metaliminale una temporalità economica, ovvero finita, della cosiddetta produzione del capitale. Ma tale temporalità di produzione  non è che un retaggio storico della dialettica della legittimazione di sovranità alla base del riconoscimento tra Stato e cittadino, prima che tale forma fosse destrutturata dall’innesto mimetico-parassita della nuova rete comunitario-sociale dell’informazionecapitale. Questa ha dovuto, all’origine, agire in una chiave adattativa per forzare le difese storicamente realizzatesi della dimensione economico-produttiva.
Secondo, quindi, gli assertori del nomos del capitale esso si  presenterebbe, in pari misura, e come un principio “naturale” di senso e come una posizione legittimante del sistema.
Il principio consisterebbe nell’orientamento sostenibile della produzione di capitale, ovvero, nella determinazione teleologica di un accrescimento progressivo del benessere sistemico. È significativo notare come tale principio sia stato assunto anche dal modello socialista. In questa versione miticamente rovesciata del capitale il flusso dell’informazionecapitale viene veicolato nella catena dominata dal significante mitico del valore della produzione, il lavoro che, in questo, senso, come agente funtore dell’informazionecapitale stabilisce nel modo più diretto l’abolizione di tutti gli altri codici refrattari al capitale e rende possibile la permeabilità omogenea di un sistema.
L’altro significato capitalistico del nomos, inteso nel suo ruolo di legittimazione del sistema, risulterebbe essere la regola del patto fiduciario alla base dell’accettazione di un mercato.
Tale patto, con lo sviluppo della dinamica dell’informazionecapitale a partire dalla fase degli accordi di Bretton Woods, mostra progressivamente la sua estraneità alla “natura”di virtualità del flusso capitale. Proprio la ridefinizione di un quadro sistemico del capitale occorsa a Bretton Woods ha rappresentato non il trionfo di una nuova regolamentazione delle strategie commerciali, bensì ha sancito un’operazione di radicale deregulation delle dinamiche di transizione dei flussi capitali, rispetto alle politiche statali di controllo del mercato dei tassi di cambio intervenute lungo tutta la fase depressiva degli anni ’30. Il regime di convertibilità delle valute per gli scambi internazionali di beni e servizi non poteva sussistere senza la libera mobilità dell’informazionecapitale ed è ciò che avvenne.
Il capitale, il potere di disposizione della temporalità, parassitò direttamente il valore della moneta, rendendolo oggetto di ripetute supervalutazioni e svalutazioni, virtualizzandolo quindi attraverso la dinamica di anticipazione insita nel flusso di informazione. Le operazioni speculative sulla sterlina alla fine degli anni ’60 e, soprattutto, la svalutazione del dollaro da parte della stessa FED nel 1973, sancirono l’effetto di liberazione delle transazioni di capitale, almeno all’interno dell’area occidentale, scaturito dal sistema di Bretton Woods. A liquefarsi fu l’illusione del nomos del capitale: l’impegno, la fiducia, la simmetria.
Da allora ad oggi il movimento di adattamento e mutazione della forma di vita del capitale nei confronti della sfera della legittimità stessa dello scambio è stato sempre più accelerato.
Attualmente il quarto mercato, quello cosiddetto over the counter, rappresenta una frontiera della transazione, in cui l’unità finita di tempo presupposta dal nomos della contrattazione stessa si scioglie, viene meno, decriptando l’informazionecapitale dalla corrispettiva unità di misura di stock e liberandola come flusso di virtualità. Il patto fiduciario s’incrina, una volta che il tempo di durata dell’oggetto della contrattazione diviene una virtualità non più contabilizzabile e, quindi, risulta esposto a una volatilità priva di un suo coefficiente di misurazione.   
La piattaforma over the counter dimostra come il flusso di informazionecapitale, veicolato dai prodotti derivati in oggetto, faccia esplodere la consistenza temporale del valore sottostante a tali prodotti; valori di emissione debitoria come azioni, tassi d’interesse, obbligazioni su mutui, investimenti, tutti connessi ad un tempo finito di adempimento.
 
_______________________
[1] Che il capitalismo rappresenti (o abbia rappresentato) la più potente forma di mitizzazione sociale del capitale stesso, una surcodificazione prodotta nello stesso alveo della costruzione del mito del socialismo, è quanto mai evidente nelle riflessioni teoriche fondanti dei vari Proudhon, Fourier e Saint-Simon. Il flusso di informazione capitale è stato irretito, all’origine, dall’iscrizione capitalistico-socialista nella catena dominata dal significante del senso o moto di orientamento progressivo dei mezzi di produzione. Da qui l’interesse precipuo, sia del capitalismo che del socialismo, sulla natura e attribuzione della proprietà di tali mezzi. In Marx si avverte la suggestione latente, sempre sul punto di palesarsi come verità inconfessabile, della rivelazione della proprietà come la forma codificatrice messa in atto dal capitalismo contro il capitale stesso; la conseguenza rovinosa sarebbe stata dover ammettere la proprietà privata di classe - capitalista o socialista - una forma di reazione al capitale e, in quanto reattiva, costitutivamente impotente nei confronti di esso, non certo una sua trasvalutazione. Si scorge una più spoglia consapevolezza, seppure all’interno di una rete di linguaggio ancora guidata dal significante dell’emancipazione, nella riflessione del Deleuze dell’Anti-Edipo. Il capitalismo avrebbe in sé come limite i flussi decodificati di quella che egli chiama la produzione desiderante, ma non cesserebbe di respingerli, vincolandosi ad una assiomatica che prenderebbe il posto ricoperto in precedenza da altri codici sociali. Per quanto eterodossa ci attestiamo sulla consapevolezza che sia nel capitalismo che nel socialismo, in un rovesciamento mitico-prospettico, il mezzo e non l’“oggetto” informazionecapitale è divenuto il cuore; la progressione di tali mezzi, la produzione, quindi, e non la riproduzione dell’informazionecapitale, una forma di vita atemporale, disposizione-riserva del tempo.
[2] Accenno, rispetto a questo tema, all’opportunità interessante di un confronto con quella che ritengo la concezione di una forma di vita molto diversa da quella del capitale.  Mi riferisco alla visione di Spinoza fondata sull’impossibilità, all’origine, di un differimento del tempo, avanzando piuttosto un’ineludibile temporalizzazione radicale che coerentemente si lega al superamento di ogni forma di individuazione. «Quest’idea, che esprime l’essenza del Corpo nella sua peculiare eternità, è un determinato modo del pensare che appartiene all’essenza della Mente e che è necessariamente eterno […] che 1’eternità non può definirsi mediante la durata né può avere alcuna relazione col tempo, nel quale soltanto può trovar luogo l’idea di precedenza […] noi siamo certi che la nostra Mente, in quanto implica (cioè comprende, cioè ha fra i suoi elementi costitutivi) l’idea dell’essenza del nostro Corpo nella sua peculiare eternità, in tanto è eterna; e sappiamo che questa sua esistenza eterna non è tale da potere definirsi mediante il tempo né spiegarsi mediante la durata. Che la nostra Mente, la quale è eterna come ora abbiamo visto, duri, ossia che la sua esistenza possa esser definita mediante un determinato tempo, può affermarsi soltanto in quanto essa implica l’esistenza in atto del nostro Corpo» (B. Spinoza, Etica)
[3] Tema da trattare a parte è la natura dello Stato; la domanda da porsi è se esso rappresenta la forma storica più performante di rete comunitaria.
[4] Competizione e condivisione non sono antitetici nel capitale. La competizione è la tipologia di condivisione più idonea per esso: la condivisione di una limitazione reciproca del potere di disposizione del tempo. L’individuazione comporta, infatti, una “fisiologica” limitazione del flusso di corrente capitale. Il superamento di una certa soglia di tensione di individuazione sociale metterebbe a repentaglio la circolazione stessa e, quindi, la rigenerazione costante dell’informazionecapitale.
[5] Il potere di differimento connesso al fenomeno del credito va messo in relazione con il tratto di inquietudine del tempo proprio del capitale stesso, come si è evidenziato nel primo paragrafo. Nella direzione di un disvelamento del nesso costitutivo tra capitale e tempo procedono le considerazioni di Keynes sull’origine e la natura dell’istituto, intrinsecamente correlato al credito, dell’interesse. Esso si presenta, secondo l’autore, come consustanziale alla forma monetaria del capitale stesso; l’interesse non scaturirebbe, come nell’impostazione neoclassica, da un “bisogno” tradotto in “diritto” di compensazione per il differimento del consumo presente legato alla prestazione del credito, né, d’altro canto, dalla rinuncia nei confronti di un tesoreggiamento attuale nella sua quint’essenza di liquidità. Il differimento in questione non trova una sua giustificazione nella rinuncia a un consumo o a una riserva di capitale; piuttosto, secondo Keynes, l’interesse avrebbe origine da una proprietà della stessa moneta-capitale: il desiderio di protezione rispetto all’ansia del tempo futuro. Nella nostra prospettiva, dunque, l’interesse va ricondotto direttamente al credito, quest’ultimo svelato come celato desiderio di disposizione del tempo, nella sua occorrenza di futuro. Da sottolineare per importanza, nella riflessione di Keynes, l’emergenza strutturale di uno stato endemico di ansia incorporato nel tasso di interesse, connesso essenzialmente al fattore della temporalità. Riguardo al carattere ansioso e ansiogeno del capitale, illuminante sarebbe un confronto con alcuni passaggi della riflessione di Lacan intorno alla traduzione del plusvalore in plusgodere.

[6] Ciò si rende particolarmente evidente nella tipologia del Credit default swap, tristemente nota per il ruolo determinante giocato nella crisi del mercato immobiliare del 2007 negli Stati Uniti. Tale forma di credito si fonda proprio su un potere di previsione, da parte di un soggetto creditore, del tempo di solvibilità di un soggetto debitore o, per altro verso, sulla durata del tempo di esigibilità del credito originario. L’oggetto che transita tra i soggetti della contrattazione non è un bene economico, ma un flusso di virtualità temporale sotto una forma di “protezione assicurativa” emessa da un soggetto terzo al soggetto creditore in cambio di un premio periodico. Il potere di disposizione del tempo che tale swap mette in campo esplose in tutta la sua evidenza con il gioco di posizioni rialziste e ribassiste - uso speculativo nel gergo mitico-poietico del capitalismo - adottato nei confronti dell’“oggetto protezione” che ha di fatto reso disponibile, quindi virtuale, la durata del tempo di solvibilità del debito, slegandolo completamente dalla sua reale consistenza temporale.