Gabriele Miniagio | Tecnica e Capitalismo. 14 tesi

  1. Occorre separare umanesimo e metafisica della soggettività. Nella famosa Lettera Heidegger non intende la domanda sull’umanesimo come etica e politica, ossia pratica.
 
  1. La techne è pensata da Heidegger come un modo della physis, come un porre-qui l’ente. Il controllo strumentale del mondo, la metafisica della soggettività, è quindi un’epoca storica inviata da questa origine essenziale.
 
  1. Pur conoscendo la distinzione aristotelica fra techne e praxis Heidegger costruisce la sua Seinsgeschichte sul rapporto tecnico al mondo anziché sul rapporto pratico. Il fare umano che corrisponde al manifestarsi-nascondersi dell’essere è la produzione di oggetti e non l’agire.
 
  1. Se la techne apre la metafisica della soggettività, se essa esaurisce la sfera del fare, la domanda sull’umanesimo rientra in questa metafisica e nella potenza da cui deriva. La domanda si fa quindi ontologica. Ma essa ha preso questi connotati per via del falso piano costruito sull’elisione della prassi.
 
  1. In questo falso piano la techne diventa il presupposto trascendentale della storia e non è mai colta nel suo divenire concreto, che è gettato subito nella discarica di ciò che è meramente ontico.
 
  1. Coprire la storia della tecnica con la presunta essenza della tecnica significa coprire la sua intersezione con il capitalismo.
 
  1. Heidegger sostiene che la caratteristica della tecnica contemporanea è la logica del fondo, dell’accumulo di energia da sfruttare. Ma nient’altro poteva suscitare questa potenza se non il capitalismo nella sua formula fondamentale (D-M-D’). È la virtuale infinità di questo processo che richiede l’accumulo di energia da utilizzare produttivamente. Il fondo non è un’essenza che si mostra alla fine, ma un portato storico del capitalismo.
 
  1. Se si guarda alla storia della techne, finalmente liberata dall’essenzialismo, si vedrà che il capitalismo per via della sua logica D-M-D’ esige la Macchina, come produzione seriale di oggetti, ossia come dispositivo che minimizza il lavoro necessario e facilita l’estrazione di plusvalore relativo. Questa trasformazione dello strumento in Macchina è il risultato principale della rivoluzione industriale.
 
  1. La Macchina non è soltanto fabbricazione in serie di oggetti, ma anche appetito di energia soggettiva nella produzione e nel consumo. Essa non è una cosa, ma un insieme di rapporti sociali.
 
  1. Nel capitalismo contemporaneo emerge l’aspetto del consumo: il capitalismo realizza l’ibridazione fra desiderio e sistema sociale dei bisogni, ossia l’uso del primo in funzione del secondo.
 
  1. Generando forme di vita codificata e direzionata al consumo secondo standard precisi, il capitalismo inaridisce la prassi, come capacità di azione in cui si costruisce la singolarità dell’agente eccedente ogni standard.
 
  1. L’imperativo dell’autovalorizzazione infinita del capitale richiede logicamente la produzione di soggetti, ciò che si è dato nella società dei consumi e nelle sue pratiche soggettivanti. Esso e non la razionalizzazione tecnica del mondo presa astrattamente è responsabile della distruzione dei valori umanisti che furono ereditati dalla borghesia europea. Assistiamo ora alla dissoluzione di un canone
 
  1. Soggettivazione è l’anello ricorsivo fra l’esser-soggettivato e il soggettivarsi, la complementarità fra processo attraverso cui la vita soggettiva è prodotta e il processo attraverso cui essa produce se stessa come singolarità in condizioni date storicamente. Esiste dunque una soggettivazione tardo capitalistica, intesa come insieme di forme standardizzate in cui la vita soggettiva è generata, ma al tempo stesso resiste e si determina in un esistere altrimenti.
 
  1. Se la domanda sull’umanesimo è pratica non ontologica, se chiama in causa, prima ancora che la tecnica come essenza, la sua intersezione storica col capitalismo, essa suona così: quali spazi di soggettivazione, individuale e collettiva, sono possibili nell’attuale configurazione del capitalismo?