Gabriele Miniagio | L'alveare. Favola cosmogonica

In principio era l’Ape Regina.
Con cura e pazienza la sua Mente infinita diede forma a tutte le celle. Milioni di miliardi di celle nacquero dalle sue secrezioni, galassie e costellazioni di arnie presero vita nell’alveare sconfinato e unico, concepito dal suo pensiero nel tempo che era prima del tempo. Il miele, sostanza universale, si condensava negli innumerevoli filamenti di tutto ciò che è, oppure rimaneva fluido, fuoco cosmico dell’origine che conteneva indecifrabili informazioni.
L’Ape Regina era avida e amava il suo potere sconfinato. Per questo dalla sostanza universale del miele trasse la prima ape. Il bozzolo si aprì in un tempo incalcolabile e ne uscì una piccola ape nera, in tutto e per tutto simile alla sua Creatrice. Ma presto crebbe e l’eguagliò per forma, colori e grandezza. Era la sua copia spiccicata, salvo che l’una era la creatrice e l’altra la creatura. Confortata dal risultato di questa prima creazione, l’Ape Regina si servì ancora del suo immenso potere per popolare alcune celle dell’alveare. Il primo suono dell’universo furono milioni di ali che librarono in volo quelle creature. Mai musica più perfetta si sarebbe udita nell’universo. Nacquero così la vita e i primi mondi abitati. L’Ape Regina era soddisfatta della sua opera. La prima ape divenne il suo Ministro, garante ed esecutore della sua giustizia. Il Ministro era la mente altra, a cospetto della quale la Mente Divina rivelava la sua potenza infinita, lo spettatore dello sconfinato spettacolo cosmico, il pensiero che, riflettendolo come Pensiero, ne moltiplicava la magnificenza. La Gloria e il Clamore di tutto ciò che è risplendevano in ogni più piccola cella e il Ministro apprendeva pian piano ciò che si manifestava nello spazio cosmico, atterrito e sgomento.
L’Ape Regina era adorata in tutte le celle abitate, venerata come la divinità progenitrice, l’alma potenza della nascita e della nutrizione. Ma in una lontana cella, agli estremi confini dell’alveare per quanto esso fosse noto al Ministro, covava la rivolta. Fu lui stesso a portare all’Ape Regina la notizia del malcontento.
- Esse ronzano impazzite parole di rivoluzione. Parlano di rovesciare il tuo governo.
- Recati lì e distruggi la cella intera con tutte le api. L’intero alveare risuoni della mia potenza, della mia giustizia e della mia maestà.
Quando il Ministro, dopo un lungo viaggio attraverso l’Alveare cosmico, fu arrivato alle estreme propaggini, che la sua mente di creatura mai aveva esplorate, per approdare in quella cella ove covava la rivoluzione, fu preso da sgomento. Le api rivoluzionarie lo accolsero come un liberatore.
- Salute a te, potente Ministro. L’antica profezia si compie. È scritto che tu rovescerai il dispotico governo dell’Ape Regina. E noi abbiamo colto, attraverso il miele di cui tutto è fatto e attraverso cui passano le informazioni del cosmo intero, il tuo desiderio di rivolta. Sei venuto per guidare le nostre schiere e rovesciare Colei che ci opprime da tempo immemorabile, cosicché nell’universo regni la pace e la concordia.
Il Ministro, nonostante la sua posizione di primo rango, ignorava ancora una delle leggi fondamentali dell’Alveare, ossia che tutta l’informazione si conserva e transita attraverso gli innumerevoli filamenti secreti dall’Ape Regina. Ignorava che ogni filamento è esso stesso un’unità d’informazione, che l’universo pensato e voluto dall’Alma Creatrice è esso stesso Informazione, sequenza di cifre discrete; ogni mente sufficientemente accorta poteva captare le informazioni e decifrare il codice della cella in cui era. La Mente dell’Ape Regina aveva reso le menti delle creature aperte alla comprensione del proprio mondo e anche, in una certa misura, delle informazioni che transitavano da una cella all’altra, lungo i filamenti del miele solidificato.
Ma se le api rivoluzionarie avevano captato l’indignazione del Ministro contro il governo dispotico dell’Ape Regina, Ella, la creatrice onnipotente, aveva fatto altrettanto. Del resto la sua Mente suprema conteneva già fin dall’inizio tutta l’informazione che sarebbe stata dispiegata poi nella creazione dell’universo alveare. Ella non aveva captato semplicemente l’informazione della sua indignazione, ella l’aveva fatta essere. L’Ape Regina stava dunque mettendolo alla prova? Ma perché metterlo alla prova se lui stesso, l’ape ministro, non era che un’unità d’informazione generata da quella Mente? La sua azione era già scritta, tutto era già scritto. Allora perché infliggergli quella dolorosa prova? Perché anzi la dolorosa prova dell’esistere in quanto tale? Perché l’Ape Regina aveva deciso di contemplare questo spettacolo facendolo essere piuttosto che leggerne nel proprio pensiero l’eterna matrice informazionale? E in fondo, se tutto è informazione e se l’universo si riduce alla variazione infinitesima, costante e regolata di sequenze informazionali, che differenza c’è fra l’esistenza e la possibilità? La collera e l’indignazione del Ministro, del resto, covavano già da lungo tempo. L’universo era il sogno lucido e sadico dell’Ape Regina? Ma se lui era il sogno dell’Ape Regina o una sequenza della combinatoria infinita, se non è diverso essere ed esser stato pensato da lei, se ogni variazione di quella combinatoria era stata realizzata in qualche parte dell’universo, se fra realtà e possibilità logica non c’era differenza, perché si sentiva esistere? Qual era il senso di quel sentimento così certo e incrollabile? La Madre lo teneva all’oscuro del mistero che Lei stessa era. C’erano forse altri alveari, che l’Ape Regina aveva creato e poi distrutto nell’infinita notte del tempo? Se questo istante è una combinazione d’informazioni, dopo il numero finito di sequenze che esaurisce tutte le loro combinazioni possibili, una di esse doveva tornare; in un tempo infinito poi tutte dovevano tornare e tornare infinitamente, compreso l’istante presente. Il tempo non era dunque che una combinatoria infinita ma chiusa, era il sistema della ripetizione infinita! Il Ministro non poteva essere signore del Tempo con un atto di decisione, solo l’Ape Regina lo era.
Questi pensieri riempivano la sua anima d’angoscia e inclinavano alla rivolta. Avrebbe dunque guidato le schiere dei ribelli? Avrebbero conficcato il loro pungiglione nel ventre che le aveva generate? Avrebbero decapitato la mente che le aveva concepite? No, non poteva essere. Senza l’Ape Regina l’universo si sarebbe sfilacciato. Nessuno avrebbe più generato nuove api. Il miele da loro stesso prodotto le avrebbe sfamate, ma presto, ad una ad una, sarebbero morte e il grande alveare non avrebbe più udito il fremere di una sola ala. L’universo sarebbe piombato in un raggelante silenzio. Le arnie, le celle, desolate, non avrebbero più ospitato la vita.
L’Ape Regina aveva ragione. Ella l’aveva messo alla prova e lui, il Ministro, non poteva che obbedire. A lui, ape primordiale di sconfinata potenza, bastò muovere una zampa e concentrare il suo calore sui bordi della cella per squagliarla e portarla alla temperatura di soli lontani, fatti di miele incandescente non ancora rappreso. Fu un olocausto d’ali. L’odore degli insetti bruciati, l’odore del suo stesso crimine, disgustò il Ministro.
 
***
- Sei stato forte e non hai vacillato, Ministro. Fra tutte le creature viventi tu sei la più perfetta. Ma ora un’altra prova ti aspetta.
- Sono pronto ad ogni prova, mia Signora. Ma qual è il senso di questo provare, se la tua mente creatrice conosce la trama di ogni cosa?
- Non a me, Ministro, ma a te stesso devi provare la tua fedeltà. Che tu mi sia fedele o che tu mi tradisca, io lo so già, così come conosco l’esito dell’atto che compirai. Ma la tua mente di creatura deve contemplare il più sublime degli spettacoli che Io abbia concepito, più mirabile di qualsiasi sole o buco nero: l’azione.
- Cosa comandi, mia Signora?
- Oltre la cella rivoluzionaria, oltre il filare di celle che costituiscono la costellazione del Drago Nero, vi è una mia nobile, purissima creazione.
- La costellazione Fidelia, mia signora.
- Vedo che il tuo tirocinio nella conoscenza prosegue. Tutto questo è bene.
- Ti ringrazio, mia Signora.
- Tu andrai sul pianeta Fidelium Maximum, la cella più ampia di quella cintura, e lo distruggerai. Lo renderai un magma di miele incandescente e liquefatto, lo renderai il più ardente olocausto di soli che si sia mai acceso e farai tutto questo a maggior gloria di Me Stessa.
- Mia signora, ho appreso che esse sono le api a te più devote!
- Questo è il mio disegno. A te sta soltanto di eseguirlo.
 
***
Il Ministro si recò su Fidelium Maximum, la cui forma era un ottagono perfetto. Mai mondo più puro fu creato. Lì tutto era armonia. Le api vivevano in pace e in concordia. Mai pianeta più bello fu concepito dalla Divina Artefice. Ora Ella esigeva la sua distruzione. Perché? Il Ministro fu accolto con onori ancora maggiori che nella cella dove aveva albergato la rivolta. Il Governatore di Fidelium Maximum, eletto da millenni all’unanimità, lo accolse con tutti gli onori.
- Tu sei la più perfetta fra le creature. Millenni or sono venimmo a conoscenza della tua esistenza e da allora ti veneriamo come il segno vivente di Colei la cui bontà ci creò dalla sua stessa sostanza.
Poveri illusi! Essi ignorano la mia missione di morte – pensò il Ministro. Ma perché l’Ape Regina mi chiede una prova così atroce? Come posso essere giusto se sacrifico degli innocenti? E come posso essere giusto se trasgredisco la legge posta dalla Mente che è all’origine di tutto?
Mentre si tormentava in questi pensieri, il Ministro fu colpito da un tempio nero, che sembrava non essere dedicato all’Ape Regina. Chiese dunque informazioni al Governatore.
- Esso è il sepolcro dell’Ape Nera, che noi abbiamo il compito di custodire. In una battaglia che è all’origine del Cosmo, quando ancora nessun’ape era stata creata, l’Ape Regina sconfisse e uccise l’Ape Nera. Essa era lì, quando l’Alveare non era ancora stato creato e la sua malvagità era l’ostacolo alla creazione. Per questo l’Ape Regina dovette ucciderla.
Non è possibile – pensò il Ministro. Io sono la prima ape creata! Costui mente o ripete un’antica superstizione.
- Governatore – chiese il Ministro – chi era costei? Un’ape divina, della stessa sostanza dell’Ape Regina? O forse il suo antico ministro infedele, che io ho sostituito?
- Nessuno lo sa. Ad ogni modo per millenni i padri dei miei padri e le madri delle mie madri hanno aspettato te. Tu sei qui per compiere l’antica profezia e la missione che lei stessa, la Nostra Signora, ti ha affidata. La pergamena sacra che noi custodiamo lo dice chiaramente.
Il Governatore srotolò la pergamena, scritta in caratteri e in una lingua che ormai nessuno conosceva più. Ma il Ministro sì. Egli aveva ricevuto dall’Ape Regina il dono di comprendere ogni lingua parlata nell’Alveare, presente, passata o futura. Questo enorme potere ella gli aveva trasmesso. Perché arrivasse a questa pergamena?
Egli lesse.
Il Ministro arriverà qui conoscendo soltanto la parte finale della sua missione. La parte iniziale egli l’apprenderà leggendomi. Quando l’Ape Nera fu distrutta l’Ape Regina mi scrisse col suo stesso pungiglione. Non esiste parola più antica di quella che io stessa reco scritta. E questa parola fu rivolta a te dall’origine dei tempi, Ministro. La Memoria dell’Ape Nera si trova tutta nel tempio. Nessuna informazione può essere cancellata. Solo occultata e scritta con altri caratteri. Così è per decreto della Regina. Tu entrerai nel Sepolcro della Nemica e ne udrai la voce antichissima. Sprofonderai nel suo nero pensiero fino a quando ti sarai quasi perduto in esso. Poi al punto estremo della possessione dovrai tornare indietro, altrimenti tu sarai Lei per sempre. Tu tornerai pronunciando la Parola Sacra che nessuno pronunziò mai se non Colei che m’incise col suo pungiglione nella notte prima del tempo. Solo allora compirai la missione che devi
Qual era quella parola? La pergamena non lo diceva. Ma perché credere a quell’oscura profezia? Forse era un inganno, orchestrato dal Governatore e dai suoi antenati, che presentivano la distruzione del pianeta. Forse doveva distruggerlo subito, il pianeta. Forse doveva ritirarsi in qualche altra regione remota del cosmo e lì scomparire per sempre. Forse doveva guidare di nuovo una rivolta e rovesciare l’Ape Regina. Era ora di fronte al mistero del suo stesso agire. Lo spettacolo che la sua iniziazione doveva contemplare. L’Ape Regina aveva ragione. Ella governava tutto. Tutto.
 
***
La curiosità per quel tempio vinse. Egli vi entrò, il cuore sussultante, la mente folle di pensieri e visioni disarticolate. Non vi erano sacerdoti. Il vestibolo si apriva con un’ampia stanza senza finestre, solo strette, numerose, vicinissime fessure, da cui tralucevano lamelle quasi solide. Esse schiarivano un enorme bassorilievo, posto sul fondo della sala, che, salvo una minuscola porta, occupava tutta la parete. Vi si raccontava il combattimento fra l’Ape Regina e l’Ape Nera. Sembrava quasi che l’origine fosse il Due. Ma quale bestemmia era mai questa? Come poteva l’origine essere altro che l’Uno? Il Ministro era sempre più atterrito. Forse stava penetrando nel segreto da cui si sentiva escluso. Forse tutta questa storia della missione non era che una strategia perché l’Ape Regina potesse iniziarlo a quel mistero. Il mistero dell’origine di tutto ciò che è. Ma ciò lo sgomentava.
Aveva paura d’impazzire. Si risolse cionondimeno ad attraversare il vestibolo e a passare attraverso la porticina. Si ritrovò in un corridoio smisuratamente lungo, al buio totale. “Morirai!” – gli sembrò di udire. Le ali tremavano. Quasi non riusciva a muoversi. Ma avanzò. “Ora vomiterai”. Vomitò. “Ora il più gelido inverno che sia mai piombato su questo pianeta penetrerà in te”. Provò un freddo immane. “Ora ti attraverserà la combustione del più caldo dei soli”. Si sentì in fiamme. Infine a fatica arrivò alla fine del corridoio. Da lì si apriva una stanza senza finestre, illuminata dal rosso vivo di migliaia di fiaccole. Malgrado l’assenza di vento, la materica luce rossa che tutto avvolgeva era intermittente. I suoi occhi, abituati al buio del corridoio, all’inizio non riuscirono a sopportarla. Infine, quando vi si abituò, riuscì a vedere chiaramente cosa custodiva quell’antica sala. Tutta la parete opposta all’entrata era occupata dall’effigie immensa dell’Ape Nera. Gli sembrò di udire una voce che cantava una tetra litania. Qui riposa la Mente Insondabile dell’Ape Nera. La voce era tremula, come la luce rossa delle fiaccole. Tu la farai entrare in te e presto sarai Lei. Ancora una volta fu sul punto d’impazzire. Ma non poteva (o non voleva?) ritornare indietro. Guardò attentamente l’effigie. Vide che essa non era un’immagine statica. Il grosso insetto nero si muoveva e divorava un insetto multicolore, molto più piccolo. L’Ape Nera divorò l’Ape Regina – fu lui a parlare. O forse no? La sua voce era alterata. Non era più sua. Era posseduto dalla mente dell’Ape Nera, ma era ancora cosciente, spettatore di quella stessa possessione.
L’Ape Nera divorò l’Ape Regina.
Tutto era scritto nella mente dell’Ape Regina, tutto il cosmo che lei avrebbe generato coi suoi dolcissimi filamenti. Potente era la mente dell’Ape Regina. Ma l’Ape Nera divorò l’Ape Regina. L’Ape Regina era il Verbo Creatore, l’Intelligenza dell’Origine. Ma l’Ape Nera divorò l’Ape Regina. L’Ape Nera è il Caos che impediva il parto della luce e dell’intelligenza, la materia informe che resistette alla mente dell’Ape Regina. Nessuna notte fu più profonda di quella in cui l’Ape Nera divorò l’Ape Regina. L’informe regnava. Ogni differenza era soppressa. Il tempo stesso non scorreva ed essendoci indistinzione fra il contenente e il contenuto neanche lo spazio sussisteva. Nessuna notte fu più profonda di quella in cui l’Ape Nera divorò l’Ape Regina. L’Ape Nera è l’assoluta tenebra o l’assoluta luce. L’Ape Regina era il crepuscolo, la differenza, l’informazione, la combinatoria infinita delle unità d’informazione. Ma l’Ape Nera divorò l’Ape Regina. Nessun cosmo alberga nella mente dell’Ape Nera, ma un eterno essere indifferenziato, che in se stesso è il nulla.
Ma quando l’Ape Nera divorò l’Ape Regina, una parte del suo pensiero penetrò in lei. L’Ape Nera amò l’Ape Regina. Il conato dell’informe verso la forma prese l’avvio. La mente dell’Ape Nera, che prima non era una mente perché indistinta da ciò che avrebbe dovuto pensare, concepì se stessa. “Io sono l’Ape Nera e nel tempo in cui non c’era il tempo divorai l’Ape Regina. Io amo l’essere che ho divorato. Sia dunque l’Ape Regina”. L’Ape Nera vomitò l’Ape Regina. L’Ape Regina fu di nuovo. L’Ape Nera amava l’Ape Regina. E l’informe si protese alla forma, la materia si plasmò secondo le fattezze delle idee, il caos cominciò a organizzarsi secondo la combinatoria dell’informazione. Ma la materia, l’informe, il caos delle origini, resistevano ad essere plasmati. Una quantità d’indeterminazione rimase nell’essere. L’Ape Nera amava l’Ape Regina di amore perfetto, ossia imperfetto, come l’Altro dell’Altro. L’Ape Nera era il continuo, l’Ape Regina era il discreto. La Chora si approssimava all’idea, ma il carattere fluido del suo spazio-tempo non si acconciava pienamente alla Misura, al Limite, alla Legge. I triangoli pensati dalla mente dell’Ape Regina erano ripetuti dall’Ape Nera solo imperfettamente. Ogni Legge non era nel cosmo che un’approssimazione. Ogni orbita una linea ideale con attorno un alone di variazioni, di sbavature. Nessuna orbita era una linea, ma, a guardare con scala microscopica, un nastro sottilissimo, attraversato ora sui bordi ora al centro. E nessun pianeta, a ben guardare, percorreva mai esattamente la medesima traiettoria. Non c’era mente che potesse scorgere questa imperfezione, l’inquietante verità che le orbite astronomiche erano approssimazioni idealizzate di una striscia sottilissima, al suo interno indeterministicamente percorsa. Tutto invece era perfetto nell’Idea, nella mente somma dell’Ape Regina. Non vi era materia, solo informazione. 0-1. La mente dell’Ape Regina non ignorava l’infinito, ma il suo infinito era informazionale, era una combinatoria di simboli che, in un numero infinito di passaggi, ripeteva le stesse sequenze. L’infinito del finito infinitamente ripetuto – questo la Mente abissale dell’Ape Regina pensava. Ma nella mente dell’Ape Nera vi era l’eternamente nuovo, il mai ancora pensato. Il Caos della nascita e la nascita nel Caos. Essa riproduceva le sequenze dell’Ape Regina, ma lo faceva in modo indeterministico, ogni volta distorceva la singola sequenza, anziché riprodurla tal quale. La mente dell’Ape Regina produceva idee, la mente dell’Ape Nera produceva idoli, simulacri. La struttura di tutto ciò che è in questo istante, 0-1-1-1-0-1-0-1…, esisteva nella mente dell’Ape Regina, nell’infinita combinatoria degli zero e degli uno, e, prima o poi, sarebbe tornata, tale e quale. Ma l’Ape Nera la rifaceva in modo imperfetto e ogni volta che tornava era leggermente diversa dalle volte precedenti.
L’istante generava sempre qualcosa d’inaudito.
L’Ape Regina odiava l’Ape Nera. Odiava il suo cosmo imperfetto. La natura non era che un immondo simulacro caotico. La natura era la chiesa che idolatrava il caos. Quel cosmo probabilistico impediva l’ordine, quello spazio degli aloni copriva le linee, quel disordine sconciamente indeterministico realizzava solo in parte la Legge. Esso doveva essere distrutto e l’Ape Nera con lui. Non fu una lotta lunga come narrarono le prime leggende, riprodotte qui nel vestibolo del tempio. No. L’Ape Regina sorprese nel sonno l’ape Nera e la decapitò. Questa è la verità…..
inouïe,
inouïe,
inouïe !
Disse alla fine il Ministro, che con quella parola ritornò in sé. Inouïe, inaudita. Questa la parola che egli già da sempre possedeva.
 
***
Il Ministro era sbigottito. Lì nel tempio lo spirito dell’Ape Nera, la sua mente, le unità d’informazione che riproducevano quegli eventi, insomma quella cosa lì l’aveva posseduto e aveva parlato con la sua voce. Ma forse era solo suggestione. Forse a casa del Governatore aveva ingerito qualche droga. Sia come sia, era ritornato e gli era bastata la parola inouïe  per riprendere il suo stato ordinario di coscienza. Era però accaduto tutto quello che era scritto nella pergamena. Ma la rivelazione non era stata completa. Aveva avuto paura e per paura aveva abbandonato sul punto più importante. Cosa doveva fare? Riportare in vita l’Ape Nera? Ribellarsi all’Ape Regina? Il Ministro, quasi automaticamente ricominciò a guardare l’effigie dell’Ape Nera. Fuse il suo sguardo con essa. Non c’era più differenza fra il suo corpo e quell’effigie.
L’Ape Nera amò l’Ape Regina e la materia fu presa dall’ardore di riprodurre le idee. L’Ape Nera rifaceva ogni sequenza della combinatoria, ma ogni volta come una cosa Inaudita. L’Ape Nera aveva reintrodotto il caos, aveva generato il Male. Il Male fu l’atto d’amore dell’Ape Nera nei confronti dell’Ape Regina. Ora il Male, il Caos, l’indeterminato, gli aloni probabilistici, tutto ciò doveva essere eliminato. L’Ape Nera dormiva il più profondo dei sonni e sognava mondi inimmaginabili nella notte in cui la materia raccoglie la sua potenza generatrice per dispiegarsi in una fantasmagoria di forme. L’Ape Regina le si avvicinò e la decapitò con una grande falce di luce.
Io vidi la testa staccarsi dal mio corpo, immenso e senza tempo, vidi il mio sangue nero aspergere l’universo che io, l’Ape Nera, avevo creato, vidi tutto collassare su se stesso. La falce implacabile dell’Ape Regina si abbatté su ogni cella che avevo secreto. Milioni di miliardi di piccole api nere, mie figlie, furono uccise dalla sua collera implacabile. Solo la memoria restò. La memoria di me, delle mie figlie così orrendamente straziate e di quel crimine con cui l’Ape Regina prese il potere. Niente di quel primo universo rimase se non la memoria, qui custodita. Essa rifece il suo universo ideale, perfetto, un universo di idee pure, realizzò la combinatoria infinita delle unità di informazioni. Questo universo di cui tu, Ministro, sei parte. Ma la memoria di ciò che accadde restò, imprigionata in questo sepolcro.
Io, Ministro, ho previsto la tua venuta e tu compirai in mio nome l’impresa più grande che sia mai stata compiuta. Tu distruggerai il tempio in cui la mia memoria è prigioniera così che essa possa esplodere e inglobare l’universo perfetto dell’Ape Regina, ridisegnare aloni sulle sue linee, introdurre la probabilità nelle sue leggi, tendere infinitamente ai suoi asintoti. Una grande esplosione del caos attorno all’ordine tu provocherai. L’indeterminato, il probabile, avvolgerà l’informazione, la materia coprirà di nuovo l’idea. Tutto ciò produrrà ad ogni istante l’Inaudito. Galassie che nessuna combinatoria potrà più riprodurre dopo la loro scomparsa. Tu libererai il tempo prigioniero della ripetizione. Tu feconderai il tempo e lo renderai capace dell’Inaudito. La mente dell’Ape Regina non avrà più dominio, sarà solo un ricordo lontano di alcuni sapienti, nostalgici del suo ordine raggelato, maledicenti la materia. Altri invece si perderanno nel flusso che di nuovo io produrrò. Gli uni e gli altri non ne capiranno l’intima giustizia. Solo i più sapienti, dopo un doloroso tirocinio, impareranno che il Male fu necessario perché la creazione di un istante davvero nuovo potesse essere possibile. Tu libererai il Caos, l’Indeterminato, il Male, perché l’infinito della creazione sopravanzi l’infinito della ripetizione, perché l’infinito della materia sopravanzi l’infinito dell’informazione.
Io so che l’Ape Regina ha previsto l’atto che io ti chiedo. Ella stessa alla fine ha dovuto amarmi, o piuttosto dispiegare la sua logica inesorabile. Ella pensa per 0-1, ella pensa l’Altro, ella non può non pensare l’Altro. E quando l’Ape Regina pensa, vuole. E quando l’Ape Regina pensa e vuole, il cosmo è. Ella ha pensato l’Altro da sé. Ha voluto l’Altro da sé. E l’Altro è la materia caotica. Anche l’Ape Regina ha amato l’Ape Nera. Non solo la materia ha avuto l’ardore per l’idea, ma l’idea, essendo idea del suo Altro, non può che farsi materia.
Il mistero di questa congiunzione è l’Origine. Credi forse che l’Origine sia già passata? Ti credi forse nell’originato? No, Ministro, tu sei ancora nell’Origine, tu sei l’Origine. Stiamo tutti ancora danzando nell’Origine. Davvero la credi alle tue spalle? E quando sarebbe stata? Quando ho divorato l’Ape Regina, quando l’ho vomitata, quando lei mi ha uccisa, quando ha distrutto il mio cosmo, quando ha secreto il suo alveare? Quanto tempo credi che sia passato fra tutti questi eventi e il momento in cui sei venuto qui? Un tempo infinito o un tempo infinitesimo? E se tutti questi eventi fossero contemporanei? L’Origine è ancora in corso e tu ne sei parte. Sei una figura di questa danza sacra. Tu sei nella congiunzione tra la forma e l’informe, l’idea e la materia, l’informazione e l’indeterminato, la legge e il caos. Questo nodo d’amore, di cui tu sei la corda, è Dio, l’Altro in se stesso e in se stesso Altro. Ecco che il tempio va in fiamme, tu stesso lo stai distruggendo con la tua volontà. La mia vasta energia oscura pervade ora l’alveare perfetto dell’Ape Regina. Ella piange di gioia perché ama nel suo profondo la mia fecondità ed io piango di gioia perché ritrovo il mio infinito amore per la forma. Guarda la fantasmagoria di mondi nuovi, guarda come dall’Uno, dal suo alveare perfetto, nascano ora milioni di alveari. Guarda la curva che si approssima infinitamente all’asintoto, guarda l’alone che si sovrappone alla linea, guarda la potenza del tempo, nuovo ad ogni istante. Guarda l’alba che nessuno mai ha visto e che nessuno vedrà più, guarda l’origine che si confonde con ciò stesso di cui è origine, il creatore con la sua creatura. L’alveare dell’Ape Regina ora va a fuoco e il fuoco non lo divora, ma lo moltiplica e lo rifà con la stessa sostanza dell’indeterminato. Guarda la copula della forma e dell’informe accadere sempre di nuovo, guarda questi due serpenti che si accoppiano, guarda queste sacre nozze. L’idea è idea di Altro da se stessa ed è da sempre fuori di sé. La materia ama l’idea a cui resiste e resiste all’idea che ama. Guarda l’armonia discorde. Tu, Ministro, hai di nuovo reso possibile questo miracolo. I posteri ti chiameranno Signore di questo mondo, Arconte della materia, Demiurgo, intelligenza ribelle. Sarai considerato dai più come un’entità malvagia. Ma essi ignorano che il tuo atto di profanazione fu un atto sacro, che la tua rivolta fu un canto di gloria, che il fuoco distruttore che hai portato è quello che moltiplica la potenza della creazione. Sia lode a te Ministro e all’insondabile mistero dell’amore.